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Il Castello di Pergine

in Trentino 2010

 

 

Pergine Valsugana A cavallo tra il bacino del Fersina e quello del Brenta, la collina pedemontana del Tegazzo è coronata dal complesso turrito del Castello di Pergine. La sua lunghissima e travagliata storia bi millenaria ci ricorda che è posto a dominio dell'alta Valsugana e della strada Claudia Augusta Altinate. Il preistorico è organizzato su due cinte murarie convergenti nella torre grande sommitale, di grande interesse per la sua concezione gotica su impianto romanico, e al palazzo baronale. Probabile l'edificazione su precedenti strutture di un castelliere romano o anche preromano. Vi misero pesantemente le mani anche i longobardi, divenne poi eloquente esempio di fortezza-residenza medioevale alpina. Feudo imperiale fu tenuto da una nobile famiglia locale, i 'da Pergine' per l'appunto, tristemente famosi per la loro sanguinarietà, si macchiarono di orribili delitti e nefandezze. Nel XIII secolo fu usurpato dai potentissimi Conti del Tirolo, quindi conquistato dai 'da Carrara' signori di Padova, fino a che il Cardinale Bernardo Clesio non lo riscattò nel 1531. Tranne sporadici passaggi di mano a capitani Imperiali, appartenne al vescovado Trentino, che lo affidò a diversi nobili fedelissimi (tra i quali i Wolkenstein), fino ai primi anni di questo secolo quando fu venduto ad una società tedesca che lo utilizzò come centro studi. Le sue vicissitudini comunque non terminarono, il centro studi ospitò il poeta indù Jiddu Krishnamurti, che nel 1925 venne proclamato 'il nuovo Buddha', trascinandosi una schiera di adepti ai quali dettò i suoi teoremi teosofici. Il semi diroccato maniero divenne luogo di magie e polo di

Artista - Gelmi

attrazione spirituale. Una bionda signora americana, appassionata di scienze occulte, sognò un tenebroso castello incantato e partì per la meta ignota e, dopo diversi mesi di peregrinazione per mezza Europa, per un puro caso si trovò a passare da queste contrade ed immediatamente riconobbe le forme del maniero. Si insediò nella comunità e fu oggetto di evocazioni magiche con apparizioni di entità evanescenti tra i fumi del camino... e questi avvenimenti non furono particolarmente 'graditi' dalla popolazione della cittadina che si prodigò in numerose manifestazioni di protesta. Il giardino del castello è sede di particolare mostre. Per ciascuno degli artisti che, di anno in anno sono chiamati a realizzare una personale a Castel Pergine, relazionarsi con i suoi spazi è una bella sfida. Che si tratti di uno scultore aduso alle grandi dimensioni o, a maggior ragione, di un artista che raramente si è visto mettere a disposizione un campo d’azione così ampio, il problema e l’opportunità degli spazi del castello vanno comunque al di là dell’ordine di grandezza. La sfida è stata raccolta quest’anno da Annamaria Gelmi, la quale ne ha tratto un percorso ("Fuori luogo comune", visitabile fino al 6 novembre) in cui si intrecciano, o si affiancano, due fili della sua sensibilità che, a ben vedere, riprendono e riassumono certe fasi della sua ricerca trentennale. Il primo di questi "discorsi" ci viene annunciato già all’esterno della cinta: è un grande fiore, un tulipano rosso, piegato a formare un arco sopra la nostra testa, paradosso di antemurale che insieme contrasta e dialoga col manufatto medievale non solo per forma, colore, materiale, ma per il senso che accoglie e interroga. Lo incontriamo ancora, il fiore rovesciato, sul percorso: appoggiato come arco di controspinta alla possente cinta interna del castello, in un rinnovato gioco di leggerezza levigata e vitale che sfiora il grezzo volume della pietra, forza mentale e immaginifica contro massa chiusa e difensiva. Vero leit motiv, simbolo interrogante, lo vediamo anche più avanti, dove pare prendere l’andamento di un rampicante che ha scavallato da fuori la barriera muraria e si appoggia, quasi sfinito, sul prato interno.

 

 

Pergine - Chiesa Parrocchiale

 

Costruita in pietra rossa, in stile tardogotico, è dedicata alla Natività di Maria Santissima. I Perginesi l’hanno sempre chiamata “cèsa granda” (grande chiesa) per distinguerla dalle numerose chiese minori del borgo e dei dintorni. Il primo documento che parla della chiesa di Santa Maria risale al 1183, ma numerosi indizi fanno ritenere agli studiosi che risalga al periodo longobardo.L’attuale edificio risale al Cinquecento, ma non si conosce la data certa della costruzione. E’ documentato che nel 1525 la chiesa era agibile e che nel 1545 fu completata la volta. I lavori nel 1556 erano quasi terminati. Il campanile venne edificato nel periodo 1511 - 1518. La facciata come si presenta adesso è opera di un intervento avvenuto nel 1863 - 65 su progetto di Prospero Strobele. L’interno è un’aula a tre navate, con le volte sostenute da due file di 7 colonne di calcare rosso da cui partono le nervature che vanno a finire al centro del soffitto. Interessanti gli altari, fra cui quello maggiore del 1752, in stile barocco opera di

Giovanni Antonio Sartori di Castione di Brentonico. Fra le varie tele notevole la pala dell’altare maggiore (1806) di Agostino Ugolini e quelle dell’Angelo Custode e della Santissima Trinità (fine Cinquecento) opere di Jacopo da Ponte da Bassano. Il pulpito, in stile rinascimentale, risale al 1548. Dietro l’altare maggiore interessanti i cinquecenteschi monumenti funebri nobiliari. L’organo Mayer del 1908 è stato restaurato e in parte rifatto dai fratelli Ruffatti di Padova nel 1990.
 

 

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