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Il 3 febbraio del 1508,
esattamente cinquecento anni fa, Massimiliano d’Asburgo entrava
in Trento, città italiana ma retta da un principe vescovo
tedesco, Giorgio Neydeck. Massimiliano, destinato a diventare,
di fatto, il fondatore dell’impero asburgico, era protagonista
della scena europea già da molti anni, dopo la morte del padre,
Federico III nel 1493, l’anno successivo alla scoperta
dell’America. Massimiliano sentiva che con le nuove scoperte ed
il definitivo crollo dell’impero bizantino e di Costantinopoli
conquistata dai Turchi, il mondo stava cambiando. La sua
politica mirava a consolidare, espandendoli e organizzandoli, i
possedimenti centrali d’Europa, di fronte ai nuovi scenari che
si aprivano nei rapporti con le antiche potenze marinare
(Venezia) e i nuovi stati atlantici emergenti, come la Francia.
Suo nipote, Carlo V, figlio di Filippo il Bello, sarebbe
diventato, di lì a pochi anni, l’uomo sul cui impero «non
tramontava mai il sole». Ma quella mattina di febbraio a Trento,
Massimiliano non era venuto per conquistare nuovi territori,
bensì per farsi incoronare imperatore del Sacro Romano Impero.
Già negli anni precedenti la guerra con Venezia, lunga e
sanguinosa, verteva sul controllo delle vie d’acceso (Tirolo,
Cadore, Ampezzano) alla pianura e |
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agli stati italiani. In
quest’ottica Massimiliano riuscì a completare il «cinturamento»
imperiale del principato vescovile tridentino per evitare che
esso cadesse nell’orbita veneziana, come aveva rischiato di
finire nel 1478, quando i veneziani si erano impossessati di
Rovereto per poi essere fermati nella battaglia di Calliano. Ma
nel Cadore le cose non erano andate così bene e l’inimicizia con
Venezia si era radicata a tal punto che la Serenissima negava a
Massimiliano il passaggio sui suoi domini per recarsi a Roma.
Massimiliano poteva dunque «affacciarsi» all’Italia, ma non
raggiungere Roma. Non per questo si perse d’animo. Per questo
scelse Trento, con la sua nobile cattedrale, un vescovo amico e
una lunga tradizione di città ponte fra Roma e l’Impero: i due
«poli» di cui Trento era al centro. Massimiliano fu il promotore
della struttura moderna degli stati asburgici e in questo
Bernardo Clesio (che nel 1508 era ancora studente di
giurisprudenza a Bologna) lo aiutò. Instaurò i «confini» alpini,
imponendo dazi e gabelle (la guerra aveva svuotato le sue casse)
ed emanò nel 1511 quel «Landlibell» che istituisce i corpi di
difesa territoriali, gli Schützen, ma segna anche la fine di
molte tradizionali libertà alpine. Massimiliano amava
soggiornare in Tirolo, a Innsbruck, |
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ma scelse Trento come luogo della sua
incoronazione perché era lo snodo fra la politica «romana» del Papa e quella
«imperiale» che egli stava conducendo. Massimiliano giunse a Trento il 3
febbraio 1508. Il 4, visto che Venezia non lo lasciava passare, si recò nella
Chiesa di San Pietro a rendere omaggio al Simonino. Da San Pietro, indossata la
corona imperiale, si recò in Duomo (e la cerimonia viene spesso rievocata dal
Barone Leonardo de Cles, discendente diretto del Clesio e dei suoi fratelli, e
al Clesio rassomigliante in modo davvero singolare) accompagnato da un folto
corteo di notabili e dal suo segretario Matteo Lang, destinato a diventare
arcivescovo di Salisbrugo. Una volta in Duomo, di fronte al vescovo Neydeck,
Lang chiese a Massimiliano, che già aveva la corona in testa, se accettava il
titolo di «imperatore romano eletto». Massimiliano accettò e la cerimonia finì.
L’imperatore fece una pace di compromesso con Venezia,
Veduta da Castel Beseno - Valle dell'Adige
ma non andò più a Roma. I
ricordi di Massimiliano a Trento sono numerosi. La sua raffigurazione appare
sugli affreschi murali di Palazzo Geremia, peraltro molto sbiaditi dopo i
restauri, mentre nella chiesa di Ricaldo, a Piné, è conservato un calice gotico
d’argento recante il suo stemma. Sembra sia stato il calice donato alla chiesa
di San Pietro e poi nascosto a Pinè durante le invasioni francesi. Una lapide in
onore di Massimiliano si trova a San Michele, mentre il nobile Nicolò Firmian di
Mezzocorona ebbe dall’imperatore l’incarico di gentiluomo d’onore della sua
seconda moglie, Biancamaria Sforza (la prima era stata Maria di Borgogna, morta
cadendo da cavallo). Con il Landlibell del 1511 Massimiliano strinse ancora di
più i legami del principato tridentino con gli Asburgo, tanto che il Clesio al
Buonconsiglio (Clesio divenne vescovo nel 1514, Massimiliano morì nel 1519) fece
eseguire numerosi ritratti di lui e dei suoi nipoti Carlo V e Ferdinando che si
sarebbero poi spartiti l’impero. Carlo V fu incoronato imperatore nel 1530 a
Bologna, a San Petronio, e con lui c’era Bernardo Clesio, cardinale. Un affresco
di storia europea e locale che trova nella cerimonia di Trento, con l’autoimposizione
della corona (il potere della modernità, che riconosceva la Chiesa, ma al tempo
stesso se ne affrancava) il suo vertice.
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