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Il
novantaduesimo dalla conclusione della Grande Guerra
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in Trentino
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Quest'anno ricorre il novantaduesimo
dalla conclusione della Grande
Guerra, evento che interessò
direttamente gli altipiani di
Folgaria, Lavarone e Luserna.
L'azienda di promozione turistica,
coadiuvata dalla amministrazioni
comunali, dal Centro Documentazione
di Luserna, dagli operatori e da
altri enti ed associazioni, ha messo
in piedi un programma ricco di
manifestazioni, incontri e dibattiti
che vuol rievocare quel periodo.
Quassù, quella guerra di trincea si
fermò lungo il crinale correva il
confine: molti giovani perirono
uccisi dai nemici, altri - forse la
maggior parte - posarono le loro
anime a causa di valanghe, stenti,
freddo, malattie. Fu la guerra della
povera gente contro la povera gente,
una guerra assurda,
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dove si moriva
per difendere uno sperone di roccia. Tra queste montagne
nacquero storie importanti, si scrissero pagine struggenti
di eroismo. «Vogliamo ricordare tutto questo, lo vogliamo
fare rievocando in punta di piedi la storia, rivisitando
quel periodo che ha visto gli altipiani essere
protagonisti», ripete nella conferenza stampa, mentre
presenta il programma il presidente dell'Apt degli Altipiani
Marco Raffaelli. Lo storico dell'Apt, Fernando Larcher, ha
aperto le manifestazioni, introducendo chi vuol conoscere
meglio quegli eventi in un viaggio tra camminamenti,
sentieri e fortificazioni. Si sono aperte le porte a
dibattiti, incontri, a struggenti ricordi che ancora
aleggiano nel cielo sopra le montagne cimbre. Lorenzo
Baratter, direttore del Centro Documentazione di Luserna, ha
parlato dei rifugiati, delle evacuazioni, di quelle terre
dell'impero austro-ungarico che ancora sussurrano qualche
frase in dialetto trentino. Mario Bertoldi «Mato», per
volere del suo cuore ha posto a Braunau - nell'Austria
Superiore, la dove nel 1915 sorgeva una città di legno, il
campo profughi della gente trentina - una croce ed un libro
per non dimenticare, per essere sempre sull'attenti. «E' un
ricordo per chi in quella terra morì, per chi tra il freddo
ed patimenti spense il sorriso» dice, mentre ascolta il
canto del cuculo. I forti diverranno per un estate il centro
di tanti eventi, le loro pietre incominceranno a parlare, e
nel sottile scendere della sera s'udirà il pianto di una
madre, il grido disperato di un soldato. I vecchi alberi ,
testimoni del tempo, portano nella loro corteccia quei
vocalizzi, e nelle notti di bufera, durante il lungo inverno
cimbro, lasciano uscire, scappare, quegli urli e quei pianti
di dolore. Forte Gschwent, l'unico di tutta la cerniera
austro-ungarica ancora perfettamente intatto, ha messo
in mostra il suo museo che in questi giorni si è
impreziosito di strumenti audiovisivi nuovi e moderni.
Morena Bertoldi, bibliotecaria ricca di talento, Maria Pace
e Christian Prezzi hanno presentato un nuovo libro tratto
dai racconti dai campi profughi di tre sacerdoti, don
Corradi, don Nicolai,don Floriani: «Sono le storie della
nostra gente, sono storie che fanno riflettere, che ci
avvicinano ad un mondo dimenticato. Scopriamo la fede come
sigillo basilare per tirare avanti, e poi c'è la sofferenza,
tanta sofferenza nella dignità montanara», ricorda
l'insegnante Maria Pace. Sarà un estate anche di
riflessione, come è giusto che sia quando si riflette sulla
storia, quando si riaccendono i legami: il tempo non conta,
è un tempo ben speso, che torna
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